Uscito “L’inverno dei Leoni”, l’ultimo romanzo di Stefania Auci
Con “L’inverno dei Leoni”, capitolo secondo del caso editoriale “I Leoni di Sicilia”, Stefania Auci descrive l’apogeo e, allo stesso tempo, il declino di una delle famiglie più importanti di Palermo e della Sicilia, nonché di tutta Europa: i Florio, o meglio Casa Florio.
“I Leoni di Sicilia”, uscito soltanto due anni fa, ha venduto oltre 650 mila copie ed è in corso di traduzione in trentadue paesi. Altrettanto (straordinario) successo si prepara ad avere il nuovo volume che, con le sue 688 pagine, conclude in modo magistrale la saga dei Florio. Che non sono più i modesti “facchini” che lavorano al centro di Palermo, dove sono arrivati da Bagnara Calabra per sfuggire alla povertà, ricchi solo di determinazione. Adesso hanno palazzi e fabbriche, navi e tonnare, sete e gioielli. Tutta la città li ammira, li onora e li teme. E il giovane Don Ignazio non teme nessuno. Il destino di Casa Florio è stato il suo fin dalla nascita, gli scorre nelle vene, lo spinge ad andare oltre la Sicilia, verso Roma e gli intrighi della politica, tanto che diventerà Senatore; verso l’Europa e le sue corti; verso il dominio navale del Mediterraneo; verso l’acquisto dell’intero arcipelago delle Egadi. È un impero sfolgorante, quello di Ignazio, che però sotto un aspetto raffinato ed elegante nasconde un cuore di ghiaccio e un carattere a tratti spietato. Perché, per la gloria di Casa Florio, lui ha dovuto rinunciare all’amore che avrebbe rovesciato il suo destino e che lo accompagnerà sempre, fino agli ultimi giorni della sua vita. Ha paura, invece, suo figlio Ignazziddu, che a poco più di vent’anni riceve in eredità tutto ciò che suo padre ha costruito. Ha paura perché lui non vuole essere schiavo di un nome, sacrificare sé stesso sull’altare della famiglia. Eppure ci prova, affrontando un mondo che cambia troppo rapidamente, nuove, violente e agitato da forze incontrollabili. Ci prova, ma capisce che non basta avere il sangue e il nome dei Florio per imporsi. Ci vuole qualcos’altro, qualcosa che suo padre aveva e che a lui manca, come si ripete spesso quando guarda i ritratti di Don Ignazio e dentro di sé sente crescere il pensiero: dove ho sbagliato? Cosa avrebbe fatto mio padre? Perché mi ha lasciato così presto?
Per leggere tutto l’articolo consultare il link:
L’immagine è presa dal sito illibraio.it