Cogito, ergo ignoro
Qualche giorno fa, girando su Internet, ho letto un racconto della tradizione buddhista molto, davvero molto interessante.
Un uomo, avvicinandosi a Buddha e senza proferire parola, gli sputò in faccia, provocando l’ira dei suoi discepoli. Ma Buddha non cedette alla rabbia, si asciugò con calma e unendo i palmi delle mani in segno di riverenza disse all’uomo: “grazie. Con il tuo gesto mi hai permesso di vedere che la rabbia mi ha abbandonato. Ti sono estremamente grato”.
L’uomo non credette a ciò che udì, si sentì commosso e angosciato. Aveva perso spavalderia e arroganza e non riusciva a dare una spiegazione a quanto era accaduto. In vita sua non aveva mai incontrato un uomo con un carisma così forte. L’indomani mattina tornò da Buddha, si gettò ai suoi piedi e gli chiese perdono. Il Maestro gli rispose che non c’era nulla da perdonare e gli spiegò: “Come lo scorrere del Gange fa sì che la sua acqua non sia mai la stessa, così neppure l’uomo è uguale a quello di prima. Io non sono più la stessa persona a cui tu ieri hai fatto qualcosa. E neanche tu sei più lo stesso uomo, quindi non c’è nulla che io debba perdonarti”.
Questa storia ha un messaggio chiaro: non dobbiamo permettere a chi si comporta male con noi di alterare il nostro equilibrio psicologico ed emotivo.
Ora, direte voi, saggie parole, ma difficili da mettere in pratica. L’esempio del Buddha è una metafora, ma quante volte ci capitano durante il giorno episodi simili, magari con i colleghi, in famiglia, con il fidanzato o la fidanzata e a volte persino con gli amici? Non è sempre facile lasciarsi scivolare quegli eventi o quelle frasi che ci feriscono, spesso l’emotività può portarci a somatizzare periodi di stress ed ansia sul nostro corpo.
Dobbiamo prendere atto del nostro potere, essere padroni della nostra mente. E’ lei, elemento tanto misterioso quanto potente, che decide di non pensare più, non rincorrere esperienze o persone che possono ledere la nostra serenità, fermarsi, caricarsi e ripartire.
La meditazione, se non la soluzione, è un grande aiuto per imparare a farci scivolare ciò che ci ferisce. Pensate alla meditazione camminata, che ci permette di svuotare la mente da pensieri e preoccupazioni, ridurre lo stress, attraverso il movimento del corpo. Il primo a praticare questo tipo di meditazione è stato proprio Buddha, che percorreva, a piedi nudi, le strade delle regioni dell’India in solitudine o insieme ai suoi discepoli.
Ora, dove è meglio esercitare questa disciplina? Vi consiglio all’aria aperta, in un parco o, per chi è più fortunato lungo un sentiero di montagna o sul bagnasciuga la mattina o al calar del sole. I più timidi possono cominciare tranquillamente in casa e prendere familiarità con la disciplina ma poi… uscite al fresco in un bel giardino! E vedrete che il verde, colore dai toni leggeri, aggraziati e contemplativi vi aiuterà a rilassarvi e ritrovare equilibrio ed armonia.
Come si fa? E’ semplicissimo. Innanzitutto, è fondamentale sentirsi a proprio agio: scegliete se indossare le scarpe, se restare con o senza calze, a piedi nudi. Quindi, cominciate! Camminate con calma e nel modo che vi è più comodo. Prestate attenzione ad ogni movimento e ad ogni passo e restate concentrati nel momento presente. Respirate in modo lento e costante. Gustatevi la camminata, vivete hic et nunc, non camminate tanto per arrivare quanto per camminare. Vedrete che col tempo, camminare meditando sarà molto più semplice e diventerà parte integrante della vostra vita: dedicherete a voi stessi quindici, venti minuti magari per strada, mentre vi recate in ufficio o durante i tragitti ordinari.
E’ tutto chiaro? Spero di sì, e anche se non lo fosse, sono sicura che i prossimi articoli vi aiuteranno a sciogliere i vostri dubbi.